11.11.10

Cronaca di una follia burocratica


Picture courtesy of Sara Bani A.

Cari S. e A.,

Vi scrivo per raccontarvi come sono andate le cose tanti anni fa, quando io e papa` ci dovevamo sposare.

Ho promesso da tempo di scrivere un libro sulla mia vita, ma non ho mai trovato il tempo ne` l`ispirazione necessaria per farlo; oggi, in questa giornata di sole autunnale, ho cominciato a farci un pensiero e sinceramente non ho potuto fare a meno di cercare di mettere insieme tutti i pezzi di una vita complicata e bellissima allo stesso tempo. Una vita fatta di viaggi, milioni di volti incontrati per le strade di tutti i Paesi in cui abbiamo abitato, parole in lingue diversissime tra loro, e quella certezza di essere sempre a casa, ovunque fossimo. Spero di riuscire a trasmettervi adesso che state crescendo quella passione che mi ha sempre spinto a fare le valigie e partire e senza la quale io e papa` non ci saremmo mai incontrati. Spero anche che questo nostra `transumanza` famigliare, nonostante gli ostacoli che porta intrinsicamente con se`, possa non esservi di peso ma vi faccia abbracciare il mondo cosi` come ho sempre cercato di fare.

Potrei iniziare questa lettera in mile altri modi, ma ho deciso di raccontarvi quello che nel lontano novembre duemilaedieci ci stava capitando. Io e papa` ci siamo conosciuti in un lontano posto del Centro Asia a settembre duemilaenove dove io mi ero recata per studiare lingua kazaka e papa`, dall`America era volato fin li`per studiare russo.

Ricordo ancora il giorno in cui ho messo piede nel dormitorio dell`universita`: parlavo poco o nulla, e le guardiane del dormitorio, le apai, non sapevano che farsene di me. Con il passare dei giorni, dopo essermi presentata alle cinque del mattino per fare la doccia, quando invece l`orario era serale (eh... le lingue straniere e i loro fraintedimenti) e essermele sentita perche` non indossavo le calze a inizio settembre, ho incontrato il vostro papa`che, ora che siete un po` piu` grandicelli ve lo posso confessare, proprio mi e` stato antipatico dal primo momento in cui l`ho visto. Vi ho gia` raccontato tantissime volte di come ci siamo innamorati e cosa era successo nel frattempo. Non mi ripeto nuovamente, perche`altrimenti, sapete come sono, mi dilungo e non la smetto mai di parlare.

Dopo duri mesi di relazione a distanza e una visita olandese, dove mi trovavo per studiare all`universita`, il papa` mi ha chiesto di sposarlo e io ho sempre saputo dal primo momento in cui mi ha detto che mi amava che non avrei voluto sposare altri che lui. E ho detto subito "si". Beh, forse non proprio subito, perche` mi ci e` voluto un po` per realizzare che non si trattava di uno scherzo. Conoscete bene vostro padre, a volte e` proprio un gran mattacchione!

Bambini, quando ho detto finalmente "si" ero ben consapevole che non sarebbe stata un`impresa facile. Non ho mai dubitato, nemmeno per un istante, di voler sposare papa`, ma nemmeno credevo che per vederci finalmete convolare a nozze dovessimo patire le pene dell`inferno. Letteralmente. "Moglie e buoi dei paesi tuoi", come mi ha sempre detto la nonna Elena. Non le ho mai dato retta e se lo avessi fatto voi non sareste qui. Ma, nonostante non condivida ancora questa massima filosofica, posso dirvi che a ragion veduta, voler sposare qualcuno di uno stato diverso dal proprio e` l`inizio della fine se non si hanno le spalle grosse, e voi sapete bene che i nonni mi hanno fatto nuotare per tutta una vita, e Qualcuno dall`alto che ci guida, la spugna la si getta dopo poco tempo.

Perche` si va incontro a problemi di natura famigliare e culturale che con santa pazienza e compromessi da entrambe le parti si superano. Ma quello che piu` devasta e` la burocrazia. Papa` ha girato uffici, studi legali e consolati negli USA per avere i suoi documenti timbrati, tradotti, apostillati e Diosolosa che altro, ha inviato email, piccioni viaggiatori (ok, mi sono forse fatta un po` prendere la mano- i piccioni non li ha usati ma poco ci mancava), senza contare quanti bigliettoni ha dovuto sganciare.

Poi e` arrivato il mio turno, fatto di consulenze in Comune, telefonate in tribunale, consulti legali e notti insonni a cercare di cavare qualcosa da internet. Lo so che adesso potete perfino annusare il profumo di cioccolata calda su Skype versione 2030, ma nel duemilaedieci, le cose erano ancora abbastanza complicate, soprattutto perche` i mesi precedenti il matrimonio ci ritrovavamo ancora in Centro Asia e tentavamo di organizzare un matrimonio in Italia e uno sotto le montagne del Tien Shan.

Certo, certe beghe ce le siamo andate a cercare come in molti hanno sempre pensato, ma in fondo, se devo dirvi la verita`, non rimpiango nulla, perche` sono sempre stata convinta che era la cosa giusta e Dio era dalla nostra.
Sapete, tutte quelle riviste femminili, che le giovani spose comprano e i cataloghi su cui ci si rompono la testa per trovare il vestito de "Le mille e una notte" anche se de gustibus non disputandum est, ecco io proprio nemmeno con il canocchiale le ho viste e non me ne pento, ma invece di impazzire per scegliere il colore dei fiori o la forma del tacco delle scarpe da indossare ho iniziato a dare di matto un pomeriggio di novembre quando dopo aver preso l`appuntamento per un atto notorio di matrimonio presso la citta` giardino, non riesco ancora a capacitarmene, mi sono ritrovata a passare ore e ore su skype ( Ahti Heinla, Priit Kasesalu e Jaan Tallin, Santi subito!) in diretta comunicazione tra Asia e Italia, Asia e Asia parlando con l`ambasciatore italiano, tra tribunali vari e consulti legali.

Tutti gli interpellati con i parerei piu` discordanti. I centralinisti di comuni, tribunali e ambasciate che al solo pensiero di risentire la mia voce, credo avrebbero preferito darsela a gambe. Non perche` li aggredissi, ma perche` dopo ore e ore di messa in attesa, sono crollata e ho pianto. Ho pianto perche` nessuno, o ben pochi, ti aiutano davvero e finisce che anche se ci si ama e si e` lottato per mesi, si collassa sotto i colpi della burocrazia e per la prima volta si vacilla e ci si chiede: "Ne vale davvero la pena?". La risposta e` "Si". Vale la pena di venire insultati e derisi da impiegati statali il cui lavoro e` rispondere al telefono e aiutare chi sta dall`altra parte; vale anche sentirsi dire che "non ho tempo di scriverle una conferma per iscritto,perche` ho altro da fare", vale la pena sentirsi dare degli imbecilli che hanno frainteso tutto e che non hanno capito il vero messaggio "che cercavamo di comunicarle proprio ieri", e soffocare le lacrime. Vale tutta la pena del mondo. Ma chi arriva al traguardo sa cosa ha passato. Ai pochi che ci arrivano, poco importa di bomboniere e fronzoli vari, non perche` non siano imortanti di per se`, ma perche` quello che hanno dovuto superare per potersi guardare negli occhi e dirsi "Si, lo voglio" e riprometterselo ogni giorno che sorge e che tramonta, vale molto di piu` di una luna di miele su Marte. Vale tutto quello che si ha. Anche tutta questa follia burocratica.

E quando sarete tristi e vi chiederete quanto vi amiamo ricordate queste mie parole. Io e papa` ci siamo amati da subito e ci siamo amati ogni giorno di piu`, abbiamo scavalcato montagne cavillose e guadato torrenti leglislativi per essere qui, oggi e dirvi che ci amiamo ancora di piu` e cosi` amiamo voi.

La vostra mamma.

ATTENZIONE: tutti i nomi e i personaggi di cui si narra sopra sono di pura fantasia e ogni riferimento a luoghi, persone e circostanze e' da considerarsi del tutto casuale.

9.11.10

50 giorni e 50 notti

Ero seduta sull`autobus mentre andavo al lavoro ieri pomeriggio quando e` salita una signora russa paffuta sull`ottantina. Portava un cappello marrone dalla tesa larga e al collo una sciarpa di viscosa rossa e bianca. Subito, mi sono alzata per cederle il posto, come si usa qui e come un tempo si usava molto piu` spesso fare anche in Italia e la signora mi sorride e mi dice “Spasiba”, grazie in russo . Poi mi fa capire che avrebbe messo sulle sue gambe il mio zaino. Io la ringrazio e lei replica “no, sono io che devo ringraziarti”. Non capisco subito il perche`, ma sento le lacrime cosi` pronte a scorrermi giu` dagli occhi.

Sono arrivata qui da cinquanta giorni; non ho mai scritto granche`, anzi diciamo che non ho mai scritto punto. Mi sono ritrovata immersa di nuovo in una vita frenetica fatta di lavoro, tesi, e altri impegni piu` o meno pressanti e non mi sono mai imposta di sedermi e aggiornare questo blog.

Ironia della sorte e` da piu` di una settimana che sono senza computer e sto scrivendo da quello del mio fidanzato che appena possible me lo lascia per lavorare alla tesi e cercare di stare un po` in contatto con il mondo anche se in realta` non e` cosi` facile.

Cinquanta notti passate qui sotto le montagne e sotto i trampolini di lancio per il salto con gli sci per le Asiadi che inizieranno a fine gennaio, dove l`appartamento che condivido con la mia amica P. e` situato.

Cinquanta notti centroasiatiche. Tante le avventure di questi quasi due mesi. Tante quelle che ho gia` dimenticato non avendole annotate. Tante quelle da vivere ancora, aspettando con gioia e trepidazione la fine di gennaio quando io e S. ci sposeremo. Proprio qui. Sotto queste stesse montagne. E dove inizieremo una nuova grande grandissima avventura.

L`altro giorno mentre parlavo con S. e cercavo di far uscire tutta la frustrazione che mi pervadeva a causa dl mio pc guasto, gli ho detto che a volte la mia vita mi sembra “una barzelletta”, ma in fondo si tratta pur sempre di una bellissima barzelletta.

In tanti si chiedono cosa io faccia qui, cosa mai io abbia nella testa per decidere di lasciare l`Italia e venir fin qui dove non ci sono orari degli autobus e dove estrema ricchezza e poverta` e disperazione convivono porta a porta in un modo cosi` ovvio da farti venire il vomito ogni giorno. Cosa io abbia nella testa per volermi sposare in un paese che non e` biologicamente ne` il mio ne` quello del mio futuro marito.

Fra le tante spiegazioni che potrei dare la piu` ovvia e` la seguente e l`ho capita proprio mentre viaggiavo sull`autobus ieri: questo e` un posto dove chi ti aiuta lo fa ancora solo e perche` vuole aiutarti, senza aspettarsi nulla in cambio. E io qui mi sento a casa, perche` se cosi` non fosse non potrei mai abitarvici.

So che non e` facile capirmi e il mio rispetto va tutto a chi, come mamma e papa`,cercano di farlo al meglio delle proprie possibilita`. Grazie di essermi vicini.

A presto.

30.8.10

C'erano una volta.../ Once upon a time there were...

A smiling pasta man/ un piatto di pasta che sorride;

a sunflower in a vase/ un girasole dentro un vaso;

two kids/ due bimbi;

a chocolate pudding with 25 candles, or something like that/ un budino al cioccolato con 25 candeline, o giù di lì;

two cups of delicious pudding while watching a movie/ due scodelle colme di un budino delizioso durante un film

and a hungry princess who, sometimes, was also a bad witch according to those two little tiny kids./ e una principessa affamata che, a volte, si trasformava in una strega cattiva a detta di quei due piccolini.

All of them were throwing a party for a very charming prince who lived far away, was so missed and so loved./ Tutti assieme festeggiavano il compleanno di un affascinante principe che viveva tanto lontano, di cui sentivano così tanto la mancanza e che amavano tantissimo.

THE END. / FINE
.

9.5.10

9.V.2010

Photo courtesy of P.M. Facetti, Italy, 1986

Sono tante le cose che potrei scrivere a proposito di mia mamma e risultare banale, soprattutto in una giornata come questa dove tutti all'improvviso corriamo ai ripari e la gente si affretta in pasticceria per comprare una scatola di cioccolatini o dal fiorista, uscendo con un mazzo di fiori da Mille e una notte. Spesso accade che della mamma, come del resto per tante altre feste, molti se ne ricordino solo quando con l'acqua alla gola, il bombardamento mediatico a cui siamo sottoposti non lascia alcuno scampo. Come automi siamo spinti ad un consumismo compulsivo per dimostrare a quella donna che ci ha dato alla luce o a quella mamma che ci ha adottati, che le vogliamo bene. Non voglio generalizzare, ma spesso questo è il caso. Sono seduta ad una scrivania in biblioteca, ho le mani che mi tremano al solo pensiero di tutto quello che devo fare e studiare e a quello che avrei potuto fare prima e invece non ho fatto, ma prima di iniziare vorrei cercare di esprimere quello che provo in questo momento. Cosa voglia dire essere Mamma, almeno per quanto mi riguarda. Tutto è nato quando a colazione, Ben mi ha guardata e mi ha chiesto: "ma tu eri mamma prima di venire ad abitare con noi?". Io stupita l'ho guardato e poi un turbinio di pensieri si è impossessato di me. Cosa significa essere mamma? "No, Ben, io non sono una mamma. Sono una babysitter".

Una mamma ti porta dentro di sè per nove mesi (più o meno) o ne aspetta più di nove per mettere una firma e prenderti con sé. Una mamma si alza di notte quando piangi e ti culla fra le sue braccia finché stanca morta non ricade nel letto per rialzarsi dopo tre ore quando la sveglia suona e deve andare al lavoro. Ti rincorre nel prato. Ti prepara una torta di compleanno con lo zucchero a velo e le candeline e ti tiene in braccio mentre le stai soffiando. Una mamma lascia che tu le devasti i timpani mentre tenti di suonare senza riuscirci "Fra Martino Campanaro" col flauto dolce e ti svela dieci anni dopo che sapeva non eri particolarmente dotata per la musica, ma ti ha lasciata fare. Ti scarrozza avanti e indietro per portarti ad allenamento in piscina anche se sa che non diventerai mai una stella sportiva. Ti insegna a rispettare il tuo prossimo, anche quando ti dice di non gettare l'assorbente nel cestino, senza prima averlo avvolto in un pezzo di carta igienica. Quando piangi ti tiene fra le braccia, e ti ascolta senza dire nulla.
Ti insegna che se lasci i vestiti troppo a lungo nell'asciugatrice poi saranno tutti stropicciati e impossibili da stirare. E' presente quando nasce un amore ed è lì a consolarti anche quando l'amore che credevi per sempre ti lascia e se ne va.
Una mamma ti nasconde il ciuccio e ti racconta che un gatto è passato e se l'è portato via e per consolarti ti compra un supermercato giocattolo. Non va a lavorare per portarti dal dottore e non per sollazzarsi in un centro benessere. Una mamma ti lascia partire e prendere la tua strada nonostante sappia in cuor suo che andrai sempre più lontano. Una mamma invecchia mentre tu cresci, mentre fai le scelte giuste e quando sbagli. Una mamma vorrebbe il meglio per i propri figli e quando i figli la deludono soffre ma perdona e li ama incondizionatamente.
Una mamma è tante cose assieme, una lista infinita di attributi.
La mia è questo e tanto altro. Ma la cosa che più mi piace di lei e che mi rende fiera di essere sua figlia è che la mia mamma è proprio la mia.

Auguri Mamma.

Elisa

28.4.10

I wish I were

Photo: Lisse (NL), April 2010

"Where are my glasses?". I was going back to my room after lunch. I wish I could cover my eyes and pretend not to see what's going on. I wish I were a small child in my mom's arms. The naked truth about how I feel now is that I talk to myself in English and honestly, it freaks me out.

Love,

Elisa

26.3.10

BUON COMPLEANNO MAMMA!


Photos: Wassenaar, (NL) 26.III.2010

Tutto questo farei se fossi un mago.
Però non lo sono che posso fare?
Non ho che auguri da regalare:
di auguri ne ho tanti,
scegliete quelli che volete,
prendeteli tutti quanti.

G. Rodari

Buon compleanno Mamma!

Ti voglio bene.

Eli

16.3.10

Catching up

Photo: Wassenaar (NL), March 2010

Di acqua sotto i ponti ne è passata da quando ho scritto l’ultimo post su questo blog. Di cose ne sono cambiate, tante. Tante sono rimaste le stesse. Mi dispiace non averlo aggiornato per così tanto tempo, ma un po’ per pigrizia, un po’ essendo in tutt’altre faccende affaccendata, ho lasciato che il 2009 si chiudesse così, con un ultimo post in data 6 dicembre e che il primo post del 2010 portasse la data di oggi. Meglio tardi che mai senz’altro.


Che dire. Sono di nuovo rientrata in Olanda dopo varie peripezie più o meno salutari in Italia, essendo ritornata da Almaty il 20 dicembre e ritrovatami catapultata immediatamente nell’atmosfera natalizia, non ho quasi nemmeno avuto il tempo di realizzare che l’avventura kazaka fosse giunta a termine. Un termine tutto particolare dato che ci ho lasciato un pezzo, grande di cuore, per tutte le persone incontrate, le amicizie sbocciate per le strade trafficate di Almaty e i viaggi in treno che mi hanno persino permesso di arrivare terza ad un concorso di fotogiornalismo e vedere il mio articolo pubblicato su repubblica.it ( http://viaggi.repubblica.it/diari-viaggio/premio-passaggi-quarantacinque-ore-ar-almaty-zhangakorgan-di-elisa-facetti/750776 ).


Un viaggio nel viaggio che mi ha permesso di imparare tanto, di raccogliere molto e di riscoprire una parte di me stessa che credevo morta e sepolta, di cui ogni tanto non mi capacito ancora. Sì, perché ad Almaty, tra le tante cose e persone incontrate, ho incontrato Dio. O come mi piace pensare, Dio mi ha (ri)trovata. Ci ho pensato un bel po’ prima di scrivere questo post. Non perché avessi nulla da nascondere né temere, ma più ci pensavo, più mi rendevo conto che scrivere un post senza menzionare questo grande cambiamento nella mia Vita non avrebbe avuto per niente senso. Perché tante cose che vedevo in un modo, ora le vedo completamente diverse. E la forza che mi è stata donata, è tanto grande che mi chiedo come io abbia fatto negli anni passati a non accorgermi che Lui è sempre stato lì. C’è un perché a tutto. E sono sempre più convinta che la mia partenza kazaka, così posticipata e così voluta, avesse un senso più grande del “semplice” viaggio studio.


E insieme a Dio ho ritrovato quella felicità semplice che si prova da bambini. Quell’essere spensierati e fragili allo stesso tempo. Quel sorridere mostrando tutti i denti e nascondersi sotto la gonna della mamma. E sapere che la mamma è lì e ti protegge e che il bene che ti vuole non cambierà mai. Qualunque cosa tu possa fare.


Mi sono anche innamorata di un uomo incredibile. Sorrido. Piango. Ma so che tutto andrà come dovrà andare, all’interno di quel grande disegno che mi ha riportata a percorrere una strada a volte tortuosa, ma che dietro ad ogni tornante, spesso in salita, nasconde un tesoro, di quelli che ti riempiono il cuore. Di gioia. Di felicità. Non voglio farmela stritolare. Mai più.


Con affetto,


Elisa